martedì 1 luglio 2014

L'internet delle cose, ma a chi cazzo serve davvero?

Oramai sono due anni che me la sento menare in ogni dove che la Next Big Thing sarà l'Internet delle cose, detta dagli addetti ai lavori IOT (Internet of Things).
Non ne sai nulla? Bene, wikipedizzati al volo, poi torna qui.
Stiamo parlando, a sentire gli esperti di qualcosa come 50 miliardi di dispositivi nei prossimi 10 anni o giù di li...
Assurdo? Forse, ma non secondo Patrick Tucker che ha scritto un interessante libro sull'argomento, reperibile su Amazon. Mettiamo anche che il tutto è corroborato dalla ricerca di PewResearch Internet Project dove hanno intervistato 1600 esperti a vario titolo sull'argomento ed il tutto già appare meno una minchiata fotonica.

Vedo campagne su Indiegogo e su Kickstarter che ne parlano, vedo gente che si esalta, vedo shield per Arduino che ti consentono di entrare in questo fantastico e comodo mondo di cose che dialogano tra loro e con te via internet.

Si va da progetti che fanno la scansione del barcode di quello che butti nella spazzatura e ti fanno l'update automatico della lista della spesa a sensori che ti dicono quando è finita la carta igienica al cesso. Oddio, non che io sia contrario, ovvio, ogni aiuto che possa essere dato dalla tecnologia lo vedo sempre bene, nel senso che se qualcuno lo ha realizzato evidentemente risponde ai suoi bisogni o necessità.

Fin qui ne sono solo che contento, evidentemente un qualcuno si era stufato di non comprare la maionese e scoprire che la aveva finita, indi ha inventato lo scanner di barcode da mettere agganciato al cestino della rumenta. Altrettanto evidente è che qualcuno ne aveva le scatole piene di trovare il portarotolo vuoto ed ha creato qualcosa che lo avvisasse di portarsi un rotolo di carta. Massimo rispetto, per carità, come dicevo sono esempi di come la tecnologia unita alla rete possa dare aiuti concreti alle persone.

Quello che mi lascia perplesso è il target al quale i dispositivi IOT "generici" fanno riferimento, ovvero a tutti, indistintamente.

Ovvio, se ti fai pubblicità miri a chiunque, ma stiamo parlando di giocattolini tecnologici, indi la prima cosa da fare è creare un layer tra la "macchina" e l'utente. L'utente vuole e DEVE avere un'interfaccia chiara, semplice, facilmente configurabile se si vuole che il proprio prodotto venga preso in considerazione. Alla persona mediamente tecnologica l'idea di ricevere via email in tempo reale la foto di chi ha suonato il campanello di casa in sua assenza magari piace anche. 
Quello che non viene considerato è che ti serve un elettricista che ti faccia i collegamenti ed un amico smanettone che ti setti il tutto. Passi per l'elettricista, ma una persona mediamente tecnologica come sente parlare di indirizzo ip, dns dinamico e configurazione del router si caga in mano ed inalbera la solita frase "io non ci capisco di computer" o sue varianti similari. 

Che poi l'essere mediamente tecnologico abbia uno smartphone , un navigatore satellitare in macchina, Sky e lo streaming sul tablet e che magari lavori in ufficio davanti al pc per 8 ore al giorno non fa di lui uno smanettone. 

Non lo rende neppure capace di capire i concetti che stanno alla base del dns, semplicemente perchè non sono cose che gli interessano. Gli smartphone sono accessibili mediamente a tutti perchè hanno saputo nascondere con una valida interfaccia il funzionamento del sistema operativo sottostante.

Quello che manca alla maggioranza dei dispositivi IOT è l'essere user friendly.

So bene che Linux è superiore concettualmente a Windows, ma non ci sono cazzi, non viviamo in un mondo di smanettoni e Windows è preferito dalla maggioranza non tecnofeticista. Facciamocene una ragione, e se puntiamo alla maggioranza non è che ci sono tanti cazzi, la realtà è questa.

Uno dei dispositivi che credo avrà una nicchia è il WeMo della Belkin, semplicissimo nella sua sostanza. Una presa elettrica passante, un'app per smartphone con il semplice pulsante di on/off universalmente noto e via. 

Setup in circa 3 minuti guidati passo passo dall'app e si è subito operativi. Nessun cavo da tirare, nessuna stregoneria, nessuna menata. Forma uguale ai temporizzatori a spina della Coop ergo funzionalità chiara fin dal design.Costo limitato (sui 60 uro, anche meno) ed usabilità alla portata di tutti. Questo è il prodotto che potrebbe avere successo, se solo uno sapesse come impiegarlo, ovviamente...

Il secondo scoglio di questo tipo di tecnologia è capire il suo reale utilizzo nella vita quotidiana, capire i bisogni della gente e possibilmente dar loro un sistema flessibile. Torniamo all'esempio dell'immagine di chi suona il campanello di casa, a quanti di voi interessa? E se con lo stesso dispositivo poteste, chessò, aprire il cancello del garage? Oppure accendere le luci in giardino? Figo come scenario, ma a chi SERVE? Serve, non a chi esalta.

A pochi, diciamocelo.

Contiamo di usare un WeMo per queste tre cose, sono già 150/180 euro ed una telecamera IP. Stando bassi, 230 euro. 
Interessa ancora vedere chi vi ha suonato alla porta? Sega mentale, avete vissuto fino ad oggi senza...

Aprire il cancello del garage è una seconda sega mentale, oramai il telecomando ce lo hanno tutti i condomini ed il pulsante per aprire da casa lo hanno tutti.

Accendere le luci in giardino? Un interruttore crepuscolare vi schifa come soluzione da 20 euro?
Tre scenari classici smontati in tre righe...

Forse una delle applicazioni che ha più futuro è il poter concatenare diversi eventi prendendo spunto da sensori IOT tipo "se il meteo della mia zona segnala possibilità di pioggia non far partire l'irrigazione del giardino" oppure "se la temperatura esterna supera i 30 gradi tira giù le tapparelle". Ovvio, questo prospetta una stesa di cavi (oppure una rete radio interna ZigBee o quel che volete voi) discreta, ed una capacità di programmazione del tutto.

Una buona soluzione potrebbe essere l'uso di IFTTT ovvero If This Then That (se questo quindi quello). Vi permette di collegare più account per fargli compiere delle azioni precise, secondo i vostri bisogni. Un bell'articolo per capire il tutto è quello di Ashwin Rodrigues, leggete, capite, tornate.

Quello che a mio avviso adesso manca è la capacità di dare all'utente medio un set di "cosi" che siano facili da mettere in atto e facili da "concatenare". Ho usato di proposito questo verbo al posto di programmare proprio per far capire il concetto di base. Non serve un genio della programmazione, serve solo capire come concatenare gli eventi, cosa che per me IFTTT fa splendidamente.

Non dico che non ci sarà futuro, ma sicuramente per la domotica (due palle, mi ero ripromesso di non usare questo termine, ma tant'è...)ce la vedo dura fino a che non ci saranno degli strumenti facili da usare a disposizione del pubblico.

Parliamo di noi, semi smanettoni...

Da tempo oramai faccio la punta ad un qualche prodotto di Denkovi Assembly Electronics LTD, nello specifico una scheda ad 8 relais pilotabile via http, tra le altre cose. Il prezzo non è alto, meno di 100 euro, e le possibilità sono infinite ma... come cazzo lo posso usare? Idee mille, ma è la voglia di preparare l'infastruttura (tirare cavi, piazzare elettrovalvole) che mi fa scendere la libido, senza contare che rappresenta la vera spesa del tutto.

Un'altra soluzione carina, basata sempre sui moduli di Denkovi, è accoppiarli alla soluzione Home Automation di Lanmisoft ma ha uno svantaggio grossino: un pc deve sempre essere acceso e supervisionare il tutto.

Mi chiedo solo una cosa, ma cosa ci si guadagna?
Nel senso, dopo che stendi quei due o trecento metri di cavi, metti sensori ed elettrovalvole, configuri il tutto e poi? Da domani ricevi sul tuo cellulare i tweet o le mail da casa che ti tengono informato degli eventi, puoi accendere o spegnere un fottio di cose da remoto, ma sei sicuro che tra un'anno lo userai ancora?

Non è che finisce nel "rumore di fondo" come le notifiche di Facebook (perchè, diciamocelo, chi cazzo ha configurato le notifiche a modo?), le mail di Groupon e le novità di Amazon e te ne fotti allegramente? No?

Sicuro sicuro?
:-)

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