Sabato mattina, h. 6.30, suona la sveglia. Marito sta russando, io penso “dai che questo cambio di ora legale/solare mi agevola in tutto ciò”. Perché come gentile omaggio dei post 40, ci metto una settimana a regolare il mio fuso orario interno, ormai. E da una settimana mi sveglio tra le 6 e le 6.30, ahimé.
Vado dal cucciolo, che appena sente “Lucca Comics” salta su come una molla ed è pronto in un battibaleno che forse solo per partire per le vacanze e andare in gita scolastica.
Colazione al bar e via diretti a Lucca. La combo-viaggio studiata da Marito si conferma vincente: macchina fino a Viareggio e poi treno direzione Lucca.
In stazione a Viareggio pensi “beh sì, qui sono famosi per il carnevale” e poi realizzi che non siamo a febbraio e che tutti i personaggi che incontri hanno la tua stessa meta.
Il treno è caldissimo, coi finestrini blindati, gruppi di ragazzini in festa, famiglie intere, gente che si trucca e si veste, una ragazza è un meraviglioso Cappellaio Matto, quattro fanciulle sono vestite e parruccate in bizzarra maniera, ci dicono che sono personaggi di un anime giapponese, “il ritorno dei giganti” (“che forse per il piccolo ancora non va bene, magari tra 2-3 anni”). Mi rendo conto che ho continuato a fissarle negli occhi, perché il loro sguardo è più fisso del mio. Magia delle lenti a contatto spaziali.
A Lucca tutti incanalati per braccialettarci, e poi via a guardare, osservare, ammirare, stupirsi e sorridere.
Mi muovo dapprima stranita, poi sempre più a mio agio in una città antica popolata da dame e cavalieri, supereroi e personaggi steam punk, bimbi con maschere carnevalesche, fate ed elfi, Harry Potter, Grifondoro e Serpeverde, omini di Minecraft, ragazzini con pigiamoni di peluche con cartelli “free hugs” e ti verrebbe proprio voglia di abbracciarli un po’, perché a me non verrebbe proprio in mente di chiedere abbracci per strada, nemmeno con identità modificata per l’occasione. E questi adolescenti mi fanno tanta tenerezza.
In zona Star Wars ci fermiamo in un indefinito buco spazio – temporale formato da jedi, guardie imperiali, cloni, alieni, padawan, Darth Vader e Kyloren.
Il cappello preparato al piccoletto sfigura un po’, qui c’è gente seria, mi auguro che apprezzino il casalingo sforzo, guidato dalla forza.
Lui, dalla forza è guidato davvero e dopo un combattimento all’ultima spada laser, guadagna il diploma di Padawan.
I 40 minuti di coda per entrare a Hoghwarths non valgono la pena, solo un’accozzaglia di costosi gadget e tutto talmente stretto e piccolo che non riesco nemmeno a farmi fotografare mentre corro verso il muro con carrello ed Edwige, pronta ad atterrare sul binario 9 ¾. SGRUNT.
Almeno però ho visto la Professoressa Mc Grannitt, il Preside Silente e Sirius Black uguale uguale all’attore del film, appena fuggito da Azkaban. Continuo a chiedermi perché mai solo io immagino gli occhiali a mezzaluna di Silente girati in un certo modo.
L’esposizione Lego è piccola ma interessante, gli AT AT di tutti i colori, il Millenium Falcon, le Star Destroyer in varie scale. Minifigures come se piovesse, prezzi non proprio lego-friendly.
Il paglione Warner Bros ha una coda che occupa tutta la piazza, rinunciamo e annoto mentalmente “per Natale cercare borsa/zaino di Big Bang Theory e personaggi lego per Marito”.
Facciamo in tempo a vedere la sfilata del Signore degli Anelli, con un inquietantissimo Gollum, eterei elfi, buffi hobbitt e baldi cavalieri di Rohan.
Incrociamo Capitan Harlock, le sorelle di Marge Simpson, i Masters of Universe. Joker e geishe. Ragazzi con carrelli “portaborse” carichi di gadget e sacchetti.
Un gruppo di giappo-damine intonano un canto che sembrerebbe provenire dalle terre del Sol Levante. Ma chissà.
Una signora di dimensioni considerevoli ci passa davanti vestita da Ursula, il blu/viola dell’incarnato le dona, l’autoironia pure.
Ti domandi per contro come possano stare in piedi emaciate figurine pallidissime vestite di nero e con bianche parrucche che coprono lenti a contatto quasi trasparenti, dal peso massimo di 35 kg.
Immagino rappresentino qualcosa o qualcuno, ma non oso chiedere.
Alcune Wonder Woman sono wonder solo per il coraggio di girare con calze a rete e body, l’unica Hela di Ragnarok che incrociamo è più formosa della Blanchett ma ha un elmo in cartapesta talmente bello che non noti nemmeno le quattro taglie di reggiseno in più rispetto alla Cate.
Il treno del ritorno è stipato di trucchi sfatti e ascelle pezzate, piedi stanchi e occhi ancora persi in un mondo parallelo e magico, dove bene e male sono andati a braccetto, dove ognuno ha potuto essere qualcosa di diverso dalla propria quotidianità. Oppure non ha voluto esserlo per vergogna o forse, chissà, solo per poter osservare meglio.
Un blog come tanti, che tratta di domotica con guide passo passo per Raspberry, Domoticz, Samba, Home Assistant. Ma sopratutto uno spazio dedicato al firmware Tasmota con le descrizioni e le spiegazioni dei comandi in italiano. Inoltre alcuni progetti con Arduino semplici semplici. Il tutto condito con resina da colata, Lego, musica ed il mio plotter Silhouette Cameo, nonchè un pochino di stampa 3d.
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